Lavorare con un illuminato (non è una pubblicità dell’ENEL) (EGU #3)
Lavorare con un illuminato (non è una pubblicità dell’ENEL) (EGU #3)

Lavorare con un illuminato (non è una pubblicità dell’ENEL) (EGU #3)

Questa foto merita di stare al centro della pagina. E’ memorabile.

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Perchè? Lo spiego subito:
Chi ha l’occhio da scienziato avrà già intuito che stavo presentando un poster. Ero all’EGU a Vienna.
Il tizio vicino a me, con pantaloni viola, camicia nera, foulard di seta nero con colombe bianche e un giacchetto tipo chiodo (e la capigliatura assicuro che non è una parrucca, ma vero capello anni 70!), sebbene possa dare l’idea di essere un frikkettone trovato all’ultimo momento per le strade della città, è in realtà un grande (rischia seriamente di diventare il mio Guru informatico): si chiama Keith J Jeffery, è un vero cervellone delle architetture informatiche in Europa, con vari titoli (dice un excerpt di una sua bio: “Keith Jeffery is currently Director of IT and International Strategy of STFC (Science and Technology Facilities Council), based at the Rutherford Appleton Laboratory (RAL) in the UK.“). Ma possiede vari altri titoli (direttore di quà, presidente di là), si è occupato di Grid o ora lavora col Cloud e tante altre belle cosine che tralascio.

Oltre ad essere molto simpatico, eclettico e singolare, ci sono vari altre caratteristiche che ci accomunano (suona la chitarra ed è un vero rocchettaro). Ma più di tutto, ha una maniera di ragionare affascinante. Ha un pensiero sistemico.
Non sono sicuro se sia la modalità di pensiero dei geni: ne ho conosciuti personalmente pochi ma in effetti pensano in maniera simile.

Mentre ero alla presentazione del poster, lui era lì con me essendone un co-autore. Nei momenti morti tra una chiacchierata e l’altra con quelli che volevano informazioni su simpatici ed incomprensibili schemi, ci siamo messi  a fare un piano di lavoro per i prossimi mesi, ed lì ho visto il genio al lavoro.
Bellissimo, mi sembrava di essere tornato all’università, ai tempi di informatica teorica.

Nella pianificazione delle attività per la costruzione dell’infrastruttura del progetto, mentre un qualsiasi nerd sarebbe partito dall’installare un qualcosa e smanettare, lui ha preso la cosa tutta da un atro verso: “prima di tutto abbiamo bisogno di quattro modelli per descrivere completamente il sistema” mi spiegava, “uno per gli utenti, uno per i dati, uno per le risorse e l’ultimo per il processing”.
E continuava “poi dobbamo trovare le interfacce tra i vari modelli e vedere le interazione utente-sistema, sistema-sistema, dati-processing”… e via su questo tono.

Alla fine sul file excel avevamo una lista di una cinquantina di task, di cui nessuno intellegibile da un essere umano normale, e solo un paio comprensibili da un nerd (tipo: “installare postgresql”), tutto il resto trattava di oggetti astratti, delle loro interazione e delle strategie per riuscire a definirli proponendo prima uno schema semplificato, poi chiedendo alla comunità un feedback ed infine mettendo assieme i pezzi.

Ovviamente i miei neuroni rincorrevano i suoi, nel tentativo di captare il più possibile. Dopo la compilazione della lista l’ho poi sottoposto ad un trattamento shock: una buona mezz’ora di bombardamento  di domande per essere sicuro di aver capito quello che avevamo appena scritto. Ho forzato con l’apriscatole la sua scatola cranica ed ho trovato una miniera. Eccezionale!

Ora non mi resta che lavorarci assieme, imparando il più possibile.
E facendo un upgrade del mio pensiero.

Se poi vado in crash, rebootto!

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