Herbie: camaleonti e pasta per la pizza.
Herbie: camaleonti e pasta per la pizza.

Herbie: camaleonti e pasta per la pizza.

Chameleon, e cioè Camaleonte. Un essere trasformoso, trasformista, cambievole, polimorfo, anzi no: poilicromo e basta. Perchè la forma resta sempre quella, un ex-dinosauro che si è riciclato ad animale del XXI secolo (o del terzo millennio? mah…vedremo quanto dura ancora…).

Head_Hunters_Album (1)Ecco, Chamelon di Herbie Hancock  è esattamente così: trasformisticamente camaleontico. E anche molto exfalsoquodlibettiano (se vuoi sapere chi sono gli Exfalsoquodlibet vai al loro sito. Loro però sono dei fan dell’ornitorinco).
In sostanza si tratta di un singolo riff su cui tutto il pezzo si poggia. Un synth-riff, per la precisione, che si interrompe solo per un paio di minuti sui quindici totali del brano.
Eppure riesce a non essere mai noioso, anzi stimola la curiosità, ci si chiede “ed ora dove stanno andando i musicisti?”…oppure: “dove arriveranno?”.
Un singolo riff, un giro di bass-synth. Di quelli semplici che rimangono in testa, che lo si fischietta al bagno mentre ci si lavano le mani (non i denti se si vuole evitare la produzione di sputazzi sullo specchio).

Fantastico. Un giro che fa da collante per tutto, è la pasta per la pizza su cui gli altri strumenti condiscono linee melodiche ed improvvisazioni creative, camaleonitche, imprevedibili…

Quando ascolto pezzi come questo ho la sensazione che qualche parte del mio cervello prenda vita al di fuori del mio controllo, che si attivi qualche connessione. Come se arrivasse l’ispirazione e “toc toc, ciao come va? Guarda ci sono anche io, l’ispirazione, fuori dal pragmatismo tecnocratico di cui vi imbottite il cervello”…

Prego entri pure” le rispondo di solito, “si accomodi, si accasi. Ma la prego”, continuo, “mi dia anche una mano a capire come farla stare a suo agio a lungo. Non vorrei che passasse e rimanesse solo per un saluto. Mi piacerebbe restasse un po’…
“….” mi fissa con quello sguardo misterioso, non capisco cosa mi vuole comunicare, poi curva la bocca in un sorriso brillante.
…La prego… rimanga, ne sarei felice”, insisto io.
Sta in silenzio, poi tira fuori una minuscola tastierina synthetizzata.
La guardo basito.
Dalla sua borsa di Mary Poppins prende poi un cavetto stereo ed un gigantesco amplificatore, di 2 metri per 2, bass-boosted, High-Frequency surrounded.
Se lo mette alle spalle, lo incastra tra l’armadio e il comò, poi infila il jack, preme il tasto ON su tastiera e amplificatore, innescando un ‘zzz’ di sottofondo: è la corrente elettrica che attraversa i fili, e si prepara a sparare a bomba la potenza dell’ampli.

Poi mi guarda di nuovo, con un sorriso bonario mi dice “Adesso stia a sentire…

E parte con il riff…. camaleontico…

 

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