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Tutto sua madre

Non capita spesso di imbattersi in dei gioellini di film di questo tipo.

Il videotecaro (che tra l’altro ha creato questo fighissimo blog di consigli cinematografici)  me lo consiglia vivamente, e quando gli dico che “in questi ultimi tempi con i film francesi non sono mai cascato male“, lui ribadisce la sua ipocondria per il grande schermo italiano affermando “sì, il cinema francese gode di ottima salute, a differenza di quello nostrano…“.

Superata questa botta di negatività sulla nostra produzione cinematografica (forse però ha ragione), prendo il film e me lo porto a casa.

Sin dai primi fotogrammi è chiaro che si tratta della tipica Comédie Française, che diverte, fa riflettere, fa piangere. Un film che si tira giù tutto di un fiato. Ma su cui, non essendo un critico cinematografico, non elaborerò ulteriormente. 

C’è un elemento che secondo me è una bomba. Un elemento per cui vale la pena di vedere il film (pubblicizzato in italia in maniera molto fuorviante – da come è presentato sembra un ibrido fra “vacanze di Natale e un film di Vanzina”, parafrasando il mio videotecaro).

Si tratta del modo in cui affronta il tema della crisi di identità. L’autore, Guillaume Gallienne, un attore di teatro geniale che ha sbancato i botteghini francesi, è una tipo sui generis che ha avuto il coraggio di riportare la sua esperienza personale sul grande schermo.

Non sfiora nemmeno per un momento le ideologie sul genere che adesso vanno per la maggiore, ma riporta tutto ad un ambito puramente umano, personale, in cui entrano in gioco le insicurezze e le domande su di sé.

Già… le insicurezze… quelle di tutti. Quelle che coltivate sin da bambini, con la complicità del desiderio – comune e naturalissimo – di distinguersi, possono esplodere in una confusione sulla propria personalità.

E che verranno sanate con la sola medicina in grado di salvarci: la fiducia.

 

Provaci ancora, Pink

Ci sono canzoni pop, di quelle che l’ascoltatore aristocratico annidato tra le pieghe di un ex frikkettone borghese che è in me sarebbe naturalmente portato a giudicare come paccottiglia musicale, che invece sono in grado di toccare qualche corda più profonda.

Una di queste è “Try” di Pink, una tipica star prodotta dal mercato americano che però, leggendo la pagina su wikipedia e cercando su youtube i suoi migliori singoli, si scopre che ha cantato e interpretato varie canzoni orecchiabili, usate anche in vari film. E tutto sommato ha anche una sua storia originale, un po’ particolare, di ragazza fatta da sola che ne ha provate tante prima di avere sucesso… ma non è questo il motivo per cui “Try” è una canzone da considerare.
Ci sono altre ragioni: i toni un po’ melodrammatici di Try, qui postata con la traduzione italiana, ne fanno una canzone che evoca una certa energia interiore. Un invito a non scoraggiarsi.

A riprovare dopo le cadute: nel vortice della passione, dei casini vari della vita, degli errori e delle cadute, Pink ha il coraggio di urlare “you gotta get up and try, try, try!“.

Credo sia un messaggio fondamentale, una tensione esistenziale capace di sostenere le nostre vite. Potrei arrischiarmi e andare oltre, affermando che ci sono dei punti in comune – addirittura – con la Buona Notizia cristiana… ma è un pensiero che per ora vale solo la pena di accennare. Ma c’è da rifletterci.

Indimenticabile il momento – lo ricordo ancora – in cui il pezzo mi è entrato nel cervello: ero in un aeroporto, per uno dei soliti viaggi, di ritorno da Bergen. Sento questo pezzo, una musica da un televisiore in un bar. “You gotta get up and try, try, try..”.
Qualcosa si smuove in me. Quasi mi verrebbe da commuovermi.
Mi volto alla ricerca della sorgente di questo suono… vedo il monitor in cui è proiettato il video. Immagini selvagge, un deserto, una danza e una lotta di corpi… un ritorno ad un livello primordiale, agli istiniti che proprio nella difficoltà escono fuori e spingono a rialzarsi e a non mollare.
L’animale che è in noi. La parte della bestia primitiva che abbiamo ereditato dai nostri avi, e che dobbiamo fare la sana fatica di concilare – ogni giorno – con le altre nostre dimensioni: intellettuale, spirituale, il desiderio.

E mi domando: ma quanto lo lasciamo davvero vivere questo animale?
Pink, sei forse venuta a ricordarci che esiste anche lui?

Buon ascolto.

Posto di seguito anche il video con una traduzione in italiano:

HEADER IMAGE BY Di Schulu24 (Opera propria) [CC BY-SA 3.0 o GFDL], attraverso Wikimedia Commons

Rugantino – na donna dentro casa

E’ scomparso da qualche giorno Armando Trovajoli.

Uno di quei personaggi importanti, fondamentali per la musica italiana, che tutti conosciamo pur senza conoscerlo (sapete per caso che faccia ha?). Una specie di Mr. Finch italiano.

Armando Trovajoli è stato un grande autore, pianista, compositore e direttore d’orchestra italiano, che ha lavorato moltissimo con la radio e con il cinema componendo pezzi che tutti conosciamo, come “Roma nun fa la stupida stasera“.

Posto qui un video di una canzone romanticissima, con dei contenuti insoliti… e con il testo della canzone.


Testo

E’ bello ave’ ‘na donna dentro casa,
‘na rondine ‘ndifesa
c’hai preso sott’ar tetto.
Magari fa la cresta su la spesa
ma, poi, te da ‘n bacetto.
E il bacio coniugale
è come ‘n’anticammera amorosa
‘Na donna dentro casa è ‘n’antra cosa!

E’ bello ave’ ‘na donna che sparecchi
ma lascia er bocaletto
accanto a du’ bicchieri,
pe’ fasse ‘nsieme l’urtimo goccetto
che scaccia li pensieri.
Perchè si bbevi solo
è come si bevessi… acqua ‘cetosa
‘na donna dentro casa è ‘n’antra cosa!

E’ bello ave’ ‘na donna dentr’ar letto
che quanno che se mòve
te da un calore umano.
‘e si pe’ caso poi ‘na notte piove
la svegli piano piano,
pe’ dije: “Aho….. cicicici, tztztztz
…… sta piovendo! …..Che vogliamo fare?!”
E lei te s’arrinnicchia freddolosa
‘na donna dentro casa è ‘n’antra cosa!

 

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