Agosto, fungo mio non ti conosco
Agosto, fungo mio non ti conosco

Agosto, fungo mio non ti conosco

E infatti che succede?
Succede che arriviamo a casa e io sto a mille, anche se stremato.

Il cervello mi va a manetta e ho già elaborato un algoritmo per trasformare la materia prima (il fungo) dallo stato naturale a quello raffinato (sott’olio).
L’algoritmo è semplice (scritto in pseudo-linguaggio):

pentola_sul_fuoco=boil(acqua, aceto);      //fai bollire acqua e aceto
barattolo_conserva=put(oil, barattolo);    //metti un po' d'olio nei barattoli per la conserva
foreach(fungo in montagnadifunghiraccolti){//per ogni fungo raccolto...
    remove(cuticola);                      //togli cuticola
    list fungoTagliato= cut(fungo);       //taglia il fungo a pezzi
    foreach(pezzo in fungoTagliato){      //metti ogni pezzo nella pentola sul fuoco
    boiled_mushroom=insert(pezzo, pentola_sul_fuoco);
   }   
}
wait(300);                                //aspetta 5 minuti
put(boiled_mushroom, canovaccio asciutto);//metti i pezzi di fungo ad asciugare sul canovaccio asciutto
wait(86400);                              //aspetta 24 ore
put(boiled_mushroom, barattolo_conserva); //metti i funghi tagliati nei barattoli della conserva

Nota bene: solo i veri nerd sono in grado di leggere l’algoritmo senza sbirciare i commenti…
Ma comunque, questo era più o meno quello che avevo in mente.

Non avevo però considerato due problemi seri.

Primo problema: la cuticola

Questi maledetti Suillus sono buoni da mangiare, sì, ma solo previa rimozione della cuticola (la pellicina viscida marrone o giallina che gli ricopre il cappello). E che problema c’è?, mi dicevo, faccio un taglio a croce sul cappello e poi lo sbuccio come fosse la pellicina del salame! Sì, certo. Beato me. Ci credevo. In coscienza posso dire che ero fermamente convinto che fosse semplice, che bastasse tirare su una pellicina sporgente e via… tutto sarebbe venuto appresso senza problemi.

E invece noi lì, a combattere coi coltellini da campeggio, a cercar di capire da dove iniziare per far venire via tutto con un sol colpo, a impiastrarci le mani con la bavetta vischiosa secreta dal cappello… un pezzettino alla volta, guadagnavamo millimetri piano piano, come yard in un match di football americano.

Il capo chino, l’occhio che aguzzava la vista, la stanchezza della passeggiata sulle spalle, una cena da preparare che incombeva su di noi. Ma non potevo lasciarli lì, da soli, a marcire nel loro stesso umidore.
E quindi una buona metà li abbiamo fatti la giornata stessa, l’altra il giorno successivo, dopo aver lasciato i funghi sul tavolo cosparsi di sale. Già, perchè cosparsi di sale?
Questo ha a che fare col secondo problema gravissimo.

Secondo problema: i condòmini

Grave, sì, come i gravi di Galileo che giocava a lanciare sassi dalle torri sulle teste dei suoi assistenti (in realtà la caduta dei gravi fa nascere la fisica moderna, o perlomeno questo è quanto affermano i cialtroni di wikipedia). Una roba pesante, che peserà -lo temo – sulla psiche di Ignazia, per vario tempo.
Si tratta del tipico problema condominiale. Un problema di convivenze. Un problema di esseri viventi che non sarebbero dovuti essere lì, e che invece – come ad evocare i fotogrammi più terrifici di Phenomena (film di Dario Argento che mi rovinò l’infanzia con quella scena della vasca con teschi, sangue e… non lo dico per non rovinare la suspance) – albergavano pacificamente tra di loro, a spese del fungo.
Parlo di esseri comuni. Tipici, quasi banali.
Parlo di vermi.
Sì, di vermi.
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Vermi, vermi, vermi in quantità che avevano infestato i funghi e che cercavo di far uscire buttando tonnellate di sale sul tavolo dove c’era buona parte della raccolta.

Rimedio ingenuo suggerito da qualche scalzacani su internet, che in parte ha funzionato con il piacevole risultato di far emigrare i vermi ovunque, sul balcone.
Vermi, mini-vermi bianchi, che quando si spaccava il fungo venivano a salutarti, a puntare verso di te il loro nero monocolo. Che si nascondevano tra le pieghe delle unghie e che da un momento all’altro rischiavi di trovarti sul braccio a camminare.

E io che mi incaponivo, che buttavo sale, che mettevo in acqua i funghi verminati e raccoglievo i vermi che venivano a galla. Ignazia traumatizzata a vita. Anche di notte se li è sognati.
Ore di taglio, di spellamento, di rimozione della cuticola, di sverminazione, di funghi bolliti e tagliati a pezzi.

Alla fine siamo riusciti a fare una azione di disinfestazione che nemmeno quelli della Zucchet sanno fare. Olio di gomito, pazienza, coltellini, vermi e traumi a vita. Ecco la ricetta infallibile

Ricetta che ha dato vita a due bei barattoli di funghi sott’olio, uno con i funghi senza vermi, l’altro con quelli sverminati, che mi periterò di mangiare solo io sotto stretta osservazione del gastroenterologo.
Una lunga lotta che alla fine ha portato ad un risultato culinario non indifferente. Ma anche ad una prostrazione psicologica grazie alla quale non voglio più sentir parlare di funghi per un bel po’ (e forse ci si riesce perché ora abbiamo lasciato le Alpi…).

Alla fine di questa avventura mi sento di poter urlare a pieni polmoni a tutti i mico-terroristi in circolazione che per questo mese a venire non ne voglio più sapere:

Agosto, fungo mio non ti conosco!

E vado a godermi l’acqua di fiume du Laguedoc Roussillon…

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