5+1 antidoti per non deprimersi leggendo Yuval N. Harari
5+1 antidoti per non deprimersi leggendo Yuval N. Harari

5+1 antidoti per non deprimersi leggendo Yuval N. Harari

Leggere Harari è un’ attività che può creare dipendenza.

Me ne sono accorto tre mesi fa quando mi sono lanciato anima e corpo in un rave letterario a base di Sapiens – da Animali a Dei e Homo Deus, due tra i suoi testi più conosciuti. Ho ingurgitato in maniera famelica le pagine, ho gustato i suoi sottili ragionamenti, ho apprezzato le visioni sul futuro e addirittura riflettuto su come trarne vantaggio.

Poi, come ogni indigestione, è finita male: a lettura conclusa, sono stato preso dallo sconforto,  da una tristezza ed uno scoraggiamento a tutto tondo, che toccava – orizzontalmente – tanti aspetti dell’esistenza personale e collettiva, e – verticalmente – si diramava in profondità, alle sorgenti del senso stesso della vita.

Intendiamoci: Harari è un personaggio di spicco con una sua consistenza culturale ed esistenziale. Se non lo avete letto, fatelo.

Ma arrivateci preparati.

Dopo la maratona bibliofaga infatti mi sono trovato ad esser turbato interiormente: che senso ha il progresso e l’avanzamento tecnologico – mi chiedevo – se poi tutto è destinato a concludersi con le solite ingiustizie, disuguaglianze sociali ed un probabile collasso del nostro pianeta?

Se noi siamo frutto del caso, che senso ha tutto questo?

E nel futuro, i nostri posteri saranno nella fascia di popolazione inoccupata che andrà avanti a forza di antidepressivi a causa della mancanza di senso in una vita privata del lavoro che viene eseguito al 98% da macchine, oppure tra quell’elite di quasi immortali che costituirà una nuova specie di super-uomini?

Queste domande non sono pensate ad arte per creare un climax nella sequenza narrativa di questo post: sono dubbi legittimi e naturalmente conseguenti da alcuni dei temi trattati in Homo Sapiens ed Homo Deus, testi che non mi metto qui a riassumere o a commentare, rimandando invece alle numerose recensioni e risorse online che ne discutono in maniera eccellente, come ad esempio quello di “MiOffroIo“, una buona sinossi che ne mette in luce anche gli aspetti più apocalittici.

Due elementi hanno per altro contribuito ad aggravare lo stato di prostrazione in cui cadevo di tanto in tanto ripensando alle conseguenze reali delle analisi e delle prospettive descritte da Harari.

Il primo, è che non avevo trovato nessuno con cui parlarne di persona: a lavoro, con gli amici, in famiglia… nessuno li aveva letti e pochi sembravano interessati all’argomento.

Il secondo è che girando per la rete e su youtube, quasi tutti le video recensioni ne tessevano lodi estreme, considerando Harari un vate, un interprete dello spirito dei tempi con una visione lucida sul futuro. Con una sola eccezione, questo Roberto Mercadini, una bomba atomica di idee e riflessioni che pur apprezzando l’autore, ne metteva in luce aspetti controversi.

Che fare allora? Mollare tutto e vivere il momento presente, tanto la vita sarà uno schifo? Oppure continuare a sperare in quei due millimetri di luce che penetrano dall’enorme, pesante portone di disfattismo in procinto di chiudersi definitivamente?

Poi por fortuna ho scoperto di non essere da solo. Mi sono imbattuto quasi er caso in due amici che hanno letto almeno uno dei suoi libri: il primo lo conosco da sempre, amico di infanzia, un letterato, archeologo e informatico trasferitosi in Svezia con tutta la famiglia, davvero entusiasta dei testi di questo “pop-scientist”. Il secondo (che è diventato un amico proprio grazie ad una lunga discussione notturna su Harari) è invece un sismologo della Repubblica Ceca che vive a Bergen (Norvegia), in una fattoria appollaiata su un fiordo, con una moglie, cinque figli, alcune capre ed una barca. Quest’ultimo è rimasto quasi traumatizzato ed il nostro confronto – edificante per entrambi – mi ha convinto che i temi dello storico-antropologo israeliano possono essere considerati da prospettive meno apocalittiche se si considerano alcune premesse importanti.

Ecco allora cinque semplici atteggiamenti che fungeranno da anti-depressivi intellettuali. Mi raccomando, sono da assumere immediatamente prima della lettura di Harari.

 

1. Diffidare da chi prevede solo il futuro remoto

Se ci sono persone che rimangono scosse dalle sue riflessioni e ricerche, è perché sono valide, frutto di studio, confronto. La bibliografia in fondo ai suoi libri è enorme, i suoi ragionamenti lineari, quasi inconfutabili, e conducono diretti (mi verrebbe da scrivere “nel baratro”, ma mi astengo) verso conclusioni da Armageddon che  non possono certo farci rallegrare. E il lettore arguto ed intelligente segue, si lascia guidare, convincere, persuadere. E tutto sembra davvero plausibile. Ci si immagina il mondo fra cinquanta o sessanta anni strutturato in caste sociali di superuomini da una parte e di persone medie per lo più inoccupate, forse apatiche, dall’altra. Davvero, seguendo le sue argomentazioni, mi viene da pensare che questo sia lo scenario più probabile verso cui inevitabilmente siamo proiettati.

Poi mi imbatto nella video intervista “Lo storico Harari: “Dalla prosperità dell’UE dipende la pace nel mondo”  in cui alla domanda se ci sarà ancora fra 15 anni l’unione Europea risponde “non lo so, come storico so che non si può prevedere il futuro. Molto spesso accadono eventi inaspettati, questa è l’unica cosa certa della storia“. E segue una serie di esempi a supporto di questa affermazione.

Bumm… Sgancio della bomba.

Ma come? E allora?  Un futuro piuttosto remoto dipinto nei libri in maniera drammatica me lo prospetti quasi come certo e poi – caro Yuval, ora ti do del tu – per uno molto prossimo (EU fra 15 anni) mi dici che non è possibile fare previsioni?  Eh, no, un po’ troppo facile così. E io me le sono forse fatte inutilmente tutte le domande esistenziali deprimenti?
In questo senso, interessante anche l’articolo di Roberto Mercadini “Tutto quello che sai sul futuro è falso” che racconta due interessanti storie in cui le previsioni sul futuro basate su dati scientifici si sono rivelate degli incredibili flop.

 

2. Non uccidere Dio

La religione è un tema difficile da trattare. Interseca la dimensione intellettuale, emotiva e pratica delle persone, ha suscitato – nella storia – una miriade di scrittori a riversare fiumi di inchiostro su una molteplicità di suoi aspetti. Approccio razionale, approccio filosofico, approccio superstizioso, approccio provvidenzialista. Insomma un casino. E certamente non mi aspettavo vi si dedicasse uno spazio eccessivo.

Ma sdoganarla in pochi paragrafi semplicemente come una delle ideologie che ha orientato l’umanità in un certo periodo storico e che adesso non ha praticamente più influenza, mi pare un approccio discutibile.

Nella psicologia analitica di Jung, che pure non contempla l’esistenza di un essere superiore, si dimostra la presenza di un’immagine archetipica della divinità nell’inconscio: al pari della madre, del padre, dell’animus e dell’anima, anche l’immagine/archetipo di Dio ha un suo spazio dentro di noi, che bisogna vivere in qualche modo per essere persone integre. Questo è quanto le scienze psicologiche hanno scoperto. Indipendentemente che si creda oppure no, la spiritualità – necessariamente collegata ad un credo, che sia quello Cristiano, Musulmano o una visione personale che aiuta a vivere questa dimensione – è parte di noi e salva l’uomo dall’appiattimento sul presente e sul materiale.

Insomma l’approccio di Harari rischia davvero di non considerare una dimensione importante dell’essere umano, che ha inscritta in sé una ricerca di senso e una prospettiva religiosa. Non mi sarei assolutamente aspettato una posizione da credente, ma liquidare l’argomento in modo così spiccio è una operazione che sorprende.

 

3. Non andare in montagna con le ciabatte da mare

Un anno mi è capitato. Era un soggiorno improvvisato al camping “I due laghi” di Levico, in Trentino, mentre eravamo diretti verso località marittime.

Unica attrezzatura disponibile: una tenda.

Vestiti a portata di mano: costume, felpe e pantaloni leggeri.

Scarpe: le flip-flop.

Dopo un bagno (gelato) nel lago, seguiamo impavidamente l’impulso a fare un giro sul pendio poco lontano, quello che ora definirei una collinetta delle prealpi. Maglietta da mare, costume, ciabatte da mare ai piedi.

E quella che poteva essere una piacevole passeggiata se solo avessimo avuto un paio di calzature decenti, si rivelò essere una prova generale per una ipotetica gara di camminata sui carboni ardenti. Piedi doloranti, escoriati, ciabatte che ad ogni passo rischiavano di rompersi. Che palle.

Ecco, anche per leggere Harari bisogna essere attrezzati. Ho notato che chi ha studiato materie umanistiche ha un approccio diverso a questi testi rispetto … al resto del mondo. In particolare coloro che posseggono un background tecnico-scientifico tendono a considerare quanto leggono da una prospettiva di verità (o falsità) e con un approccio causa-effetto. Si chiedono se il testo dice il vero, che conseguenze ci saranno e cosa si dovrà fare. E magari si bombardano di paranoie.

Il letterato invece ama il concetto, l’argomentazione, il ragionamento. Ha uno sguardo più critico, si interroga sul senso del tema trattato, lo integra nella sua visione del mondo. E la sera cena tranquillo.

Se quindi non appartenete alla schiera dei letterati e tendete ad interpretare tutto secondo criteri di verità, considerate che esiste anche un approccio complementare che è possibile applicare.

 

4. Parlare con persone dotate di capacità critica

Dopo la lunga chiacchierata col mio amico sismologo, di cui queste pillole anti-depressive intellettuali sono una sintesi compressa al massimo, siamo riusciti ricontestualizzare i dubbi di senso e ad integrare meglio le idee di Harari nella nostra personale visione del mondo. Ma anche discutere con l’altro amico archeologo che si trovava abbastanza in linea con le idee di Harari è stato liberante. Insomma, questa quarta pillola è solo un incoraggiamento a condividere i propri pensieri con altre persone dotate di materia grigia. Non importa quanto le nostre conclusioni possano sembrare banali o non al livello degli esperti in materia: parliamone, perché le cose assumono un loro contorno e si ridimensionano quando vengono comunicate.

Inoltre, considerando che la pop-science ha il merito di aprire conoscenze poco accessibili a tutti, e che questo è proprio il paradigma scelto da Harari, dove è il problema nel fare delle pop-chiacchiere con dei pop-amici? Il purismo scientifico non aiuta in questi casi, anche perché gli articoli scientifici ed i testi di antropologia sono solo per gli addetti ai lavori.

 

5. Leggere altri testi

Senza nulla togliere ad Harari, che è bravo, intelligente, ed ha opinioni basate su anni di studio e di ricerca, è bene considerare il pensiero di altri scrittori sullo stesso tema e allaragare la panoramica. Cosa ne pensano i suoi colleghi? Vedono tutti un futuro così nero?

Non c’è bisogno di approcciare testi universitari, ce ne sono di accessibili a tutti. Ne cito tre che ho trovato davvero utili:

Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni Copertina flessibile di Jared Diamond. Un grande classico, da leggere.

Homo Comfort, Il superamento tecnologico della fatica e le sue conseguenze, di Stefano Boni. Un antropologo italiano un po’ anarchico. Un personaggio ed un testo di nicchia, che meritano.

Il più grande uomo scimmia del Pleistocene di Roy Lewis. Da leggere una volta nella vita, recensito qui. Con quest’ultimo c’è anche il rischio di farsi una risata e di apprezzare la bellezza romantica dell’evoluzione dell’uomo.

 

5+1. Subsonica vs. Harari: 1-0

Sanno tutto di te. Sanno la tua posizione perché la condividi. Per stare comodo di quanta libertà ti privi?”. Potrebbe essere la quarta di copertina di Errore di sistema, di Edward Snowden, oppure un capitolo di Homo Deus. E invece no, è un estratto del testo di “Sonde” dei Subsonica.

Lungi dal voler sminuire il lavoro monumentale di Harari e di altri autori di testi giornalistici, divulgativi o scientifici su argomenti simili, non trovate anche voi quanto sia liberante constatare che queste idee aleggiavano nell’aria già da una decina d’anni?

Ecco come continuano i Subsonica: “Perché ti fidi, il consenso non ti fa paura / Sembra che il mondo ora sia fatto su misura / E tu non devi neanche sbatterti per scegliere o per capire / Lo faccio io per te / Tu lasciati servire / Ma è tutto gratis! / Non sono i soldi ad interessargli, non è ciò che paghi / Ma è la tua privacy, sono i tuoi dati / Il vero tesoro venduti a peso d’oro / Vendine un pezzo a loro”. Viene da pensare che siano stati loro ad ispirare la Commissione Europea nel rilascio del GDPR  (Il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati entrato in vigore il 25 Maggio 2018, grazie al quale abbiamo un pop-up in più su cui cliccare quando accediamo a siti web che usano i cookies).

E se avessero indetto dieci anni fa una “gara di profezie”, per premiare il per primo che avesse indovinato e comunicato al wide public i rischi connessi alla tecnologia che ci rende produttori di dati che vengono ingurgitati, elaborati ed utilizzati da terzi tramite algoritmi di machine learning… bhé, i vincitori sarebbero ora i Subsonica, che pronosticavano tutto ciò già dal 2011.

Mi spiace Yuval, uno a zero per i Subsonica.

Certo, è un lavoro di fantasia (ecco perché questa pillola è inserita come addendum, un 5+1), ma vale la pena cogliere la provocazione per ridimensionare Harari e la sua apocalisse.

 

 

Titoli di coda

Se siete arrivati sin qui, forse anche voi siete stati travolti dalle belle teorie di Harari, e – sempre forse –  anche voi avete reagito con moti di tristezza e rabbia nel vedere descritte con rigore scientifico la fine della razza umana, la deprimente prospettiva di una vita casuale e con poco senso: bhé, per quello che vale, sappiate che non siete soli.

Qui si concludono i 5+1 antidoti. Non basteranno certo a non mandare almeno un po’ in crisi il lettore riflessivo e in cerca di senso, ma almeno potranno aprire altre prospettive e non permettere ad un certo disfattismo mascherato da ragionamento arguto di buttarci troppo giù.

 

 

Credits:

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Post Photo by Dhruv Deshmukh on Unsplash

15 commenti

  1. Jan

    Thanks for sharing. Some points help, e.g. looking from top, not from bottom.
    There are many prophecies which will never become truth. And possibly those we know about as a consequence of causality. Which also means that we need to know as much as possible to avoid mistakes. After that only the chance remains to steer the future. Or not. Maybe there is something more. Something more than we can understand.
    We have been thought to believe the reality, the surrounding world which we can see and describe down to sub-atomal scale or inter-galactic exa-scale. This is maybe why imact of Harari’s book is so heavy to me. Nothing is hidden anymore. Uncovering the historical and biological truth about ourselves is pushing me to the edge of believing into humanity (or the initial picture of it I have had) and there is not much left to remain on the edge (or step back) and not give it up and jump into void. All is revealed, all is lost. Where to go now? Believe that things will continue to work also tomorrow? For how long? Why?
    The last questions are exactly those I ended up with after finishing Homo Sapiens. So be ready before opening the book 🙂

    1. Jan, thank you for the thoughtful comment.
      You are right, if everything is revealed, we lost everything.
      What still encourages me is that beyond these theories, I still see that we are a mystery to ourselves. AI is yet to come and take over, at least in the way Harari predicts.
      AI is here, and we are… the products (as “the social dilemma” says).
      😉
      Till next time.

  2. Andrea

    Premetto che sarà un commento banale perché non ho molto tempo di scrivere di meglio. Sono finito qui per caso perché cercavo delle informazioni su alcuni errori di genetica che ha compiuto Harari. Sì perché Harari come chiunque ha scritto o scriverà libri e come ogni umano commette vari errori. Non metto in dubbio che abbia svolto anni di studi e ricerche che io ignoro e che, come dici tu, abbia una consistenza culturale ed esistenziale mica male (credo si possa dire di ogni filosofo quanto meno per l’unicità delle loro personalità). Nonostante ciò, Harari è uno storico (magari ora si può definirlo anche filosofo) non certamente un genetista, un biologo, nè un antropologo, un fisico, un ingegnere, un teologo, uno psicologo, un economista, un politologo, un indovino e chi ne ha più ne metta. Uno storico specializzato in storia medievale e militare. Ciò non vuol dire che non possa applicarsi con successo in altri campi, forse anche meglio di uno del settore, però resta il fatto che uno studioso già può sbagliare nel suo campo figuriamoci se ne invade altri. E per predire il futuro bisogna invadere tutti i campi che ho indicato e probabilmente molti altri. Per questo motivo molti scienziati sostengono sia meglio affidarsi solamente a saggi scritti da ricercatori del settore e diffidare da giornalisti o da altri studiosi, per quanto preparati. Ultimamente ho partecipato ad un’intervista del noto professore Barbujani, il cui campo è proprio la genetica umana. Lui sconsiglia altamente i libri di Harari (in particolare Da animali a Dei) perché a detta sua mischierebbe storia, mito, dati reali, teorie non verificate e scemenze (proprio nella genetica). Ammettendo ciò che ho detto prima, possiamo considerare Barbujani competente ben più di Harari per quanto concerne la genetica. In più c’è da considerare che per validare le proprie teorie si cerchi di ritoccare qualche verità scientifica o di dare credito a teorie tutt’altro che riconosciute dalla comunità scientifica. Comunque ti capisco è facile rimanere svuotati dopo aver letto libri come questi. Un trucco per evitare i terribili dubbi sul senso della vita a mio parere sono:
    1 assumere che non esiste una verità assoluta (se sei credente qui è più difficile ma ammetti che potresti sbagliarti) ma solo verità relative e vie per raggiungere la felicità, o meglio per essere più o meno felici durante la propria vita. Questo realmente si può farlo, mi sembra palese che ci siano persone che vivono meglio e persone che vivono peggio e momenti migliori e peggiori all’interno della propria vita (ad esempio secondo me cosa saggia da fare è separare la momentanea felicità da un esistenza serena, nella realtà quotidiana non così frequente).
    2 quando ci si imbatte nella lettura di un manuale che rischia di crearti crisi esistenziali soffermati sui concetti, sul ragionamento e su eventuali errori (come se fossi un letterato come dici tu).
    3 cerca il più possibile di concentrarti sulle azioni giornaliere e svaga la testa, prima o poi ti passa non siamo fatti per arrovellarci il cervello per tutta la vita, andrebbe in fumo (parola di uno che ha combattuto e purtroppo a volte ancora combatte col disturbo ossessivo-compulsivo. Lo so bene quanto riescono ad essere carogna ragionamento e dubbio. Ce la si fa)
    4 ottimo parlarne con gli altri, si ridimensiona tutto. Ma questo già lo hai detto.
    5) mi fido nettamente più dei Subsonica.
    In conclusione non so se leggerai mai questa specie di tema, però non meritiamo di perdere neanche un’ora di sonno per queste domande che non portano a nulla. Il sonno è importante eh.

    1. Ciao Andrea,
      mi piace moltissimo la tua conclusione
      “In conclusione non so se leggerai mai questa specie di tema, però non meritiamo di perdere neanche un’ora di sonno per queste domande che non portano a nulla. Il sonno è importante eh.”

      Si hai ragione, il sonno è importante. A volte dimentichiamo che esiste la realtà a bilanciare i pesanti sistemi filosofici che fabbrichiamo per interpretarla.

      Magari le cose sono più semplici.
      Magari Harari un po’ ragione ce l’ha, ma gli mancano degli elementi di realtà per predire davvero il futuro…

      Non so se non credere ad una verità assoluta possa aiutare in questo caso. Sicuramente considerare la sua teoria come la teoria di un uomo (non onnipotente) che per quanto convincente si deve comunque confrontare con altri, è un buon punto di partenza per contestualizaare quello ce dice.

      Ho cercato Barbujani su internet, no lo conoscevo… e in effetti…. sì, è proprio interssante!
      Merita di essere ascoltato o letto. Lo metto nella coda di lettura!

      grazie e a presto

  3. Luisa

    Ho divorato “Homo Deus” piena di entusiasmo e perplessità. Ho rimbambito mio marito di parole concitate e di dubbi notturni che mi divoravano. Poi ho letto il libro successivo di Harari “21 lezioni per il XXI secolo” (questa volta in italiano), anche questo molto interessante, ma che comunque ripeteva un po gli stessi concetti. Sentirmi ripetere gli stessi concetti è stato liberatorio, perché ho sperimentato che le teorie sono solo teorie, non verità assolute. La crisi che mi ha creato “homo deus” è stata intensa perché penso che dentro di me fossi già in crisi, e Harari non ha fatto altro che portare a galla tanti dubbi e paure che covavano dentro di me. Nell’ultimo capitolo lui parla della meditazione. Forse un buon antidoto ai libri di Harari è quello di non farsi travolgere dalle sue teorie, ma di meditare con calma, sulle personali paure o dubbi che la lettura può scatenare.

    1. Sai Luisa, credo che quanto dici nel tuo commento a riguardo del non farsi travolgere dalle sue teoria sia proprio il punto del discorso.
      In realtà, nessuna teoria ci dovrebbe travolgere.
      Se ci travolge, vuole dire che in qualche modo sbriciola noi stessi… e le teorie vere secondo me – ma è un assunto che adesso non saprei argomentare – sono quelle che ci lasciano liberi, integri, per accettarle oppure no.
      Se una teoria ci spiana, allora qualcosa non va.

  4. Alessandro M.

    Ho letto, anzi ascoltato l’audiolibro, l’interessante “Homo Sapiens” di Harari e sono rimasto sorpreso di alcune intuizioni, altre hanno confermato idee che già mi ronzavano in testa. Poi, siccome nel libro gli argomenti trattati sono tantissimi e su molti non ho un metro di paragone, ho cercato qualche sito che accogliesse commenti critici nei confronti dello storico israeliano. Mi sono imbattuto in questo di cui condivido l’approccio ed apprezzo la capacità di scrittura.
    Non avendo una preparazione che mi consente di entrare nel vivo della discussione, mi permetto soltanto di segnalare, sfoggiando le mie discrete conoscenze musicali, che il testo dei Subsonica della canzone “Sonde” che farebbe vincere loro la “gara di profezie”, in realtà è stato scritto nel 2019. E’ una nuova strofa inserita dal rapper Willie Peyote nella riedizione del brano per il ventennale dell’album Microchip emozionale originariamente pubblicato nel 1999. Chiedo scusa per la precisazione.

    1. Grazie Alessandro, sono contento che ti piaccia l’approccio di questo blog.

      Per quanto riguarda i Subsonica, argomento che sicuramente può essere più interessante di Harari se come me ci si ritrova a scrivere dopo una giornata di lavoro, ( 🙂 ) … hai ragione!
      Su youtube in effetti il pezzo caricato nel 2009 non ha la strofa introduttiva che cito.

      Ecco, vedi, una cosa buona l’abbiamo trovata: Willie Peyote che in questo panorama deprimente fatto di pseudo-artisti trap ti tira fuori canzoni belle, con musiche e testi di un certo spessore.

      Non male eh?
      A presto!

  5. Raul Sottili

    Grazie,
    Anch’io sto finendo a fatica Sapiens, breve storia dell’umanità.
    Non so qual’è l’obiettivo di Harari, ma qualunque sia posso dire che non è il mio.
    Devi rimanere molto morbido sé vuoi superare indenne un punto di vista così materialista.
    Pensare che è un best-seller per me è abbastanza preoccupante.
    Ancora grazie per la condivisione.
    Raul

    1. Ciao Raul, grazie per il commento.
      Sono d’accordo con te che è necessaria maggiore flessibilità se si vuole superare indenni un’ideologia così materialista.
      Adesso che è passato del tempo ed ho avuto modo di affinare il mio pensiero (e ridimensionare il tutto) ci sono due contraddizioni che ancora non riesco a mettere a fuoco:

      La prima è relativa a quanto giustamente sottolinei tu: se la drammaticità delle sue conclusioni avesse una sua controparte a livello esistenziale, o interiore, dovrebbe avere un maggior senso di urgenza. Io al suo posto sarei disperato oppure cercherei di attivarmi in qualche modo per evitare la catastrofe. Non mi pare che lui lo faccia (anche se a onor del vero non passo le mie giornate a seguire le news su Harari…) .

      La seconda è sul fatto che lui pratica la meditazione (non ricordo se l’ho letto nel libro o altrove). Non credo che meditare significhi essere integralisti religiosi, però a mio avviso da comunque conto di un desiderio di ricerca interiore, del riconoscimento della necessità di uno spazio “altro” da sé. Non sono sicuro se essa sia una forma di spiritualità, ma sicuramente come dicevo nel post, “la spiritualità – necessariamente collegata ad un credo, che sia quello Cristiano, Musulmano o una visione personale che aiuta a vivere questa dimensione – è parte di noi e salva l’uomo dall’appiattimento sul presente e sul materiale.”
      Ora, come si coniugano le sue pratiche meditative con un accanimento terapeutico contro le religioni?

      Mah, non so. Gli esseri umani sono pieni di sfaccettature e non possono essere definiti. Assumono la forma che gli eventi e le scelte personali imprimono loro nel tempo. E’ umano che ci siano aspetti incoerenti, forse quasi naturale e sintomo di buona salute psichica.
      Eppure sono convinto che lo sforzo continuo che facciamo per mettere in sintonia quello che pensiamo a quello che facciamo a quello che proviamo sia rilevante. E’ il sintomo che siamo in cammino.

      Forse anche Harari sta in cammino, nonostante le sue granitiche e drammatiche argomentazioni filosofiche….

  6. Pingback:Vivo da 10 anni senza TV… – Daniele Bailo

  7. Pier Maglioli

    Cioa , volevo solo aggiungere un ulteriore dato che ti può aiutare a non deprimerti dopo la lettuta di questo testo scritto come si dice ” a tesi”. Mi limito al settore in cui ho una certa competenza: la relgione. Ebbene numerosi sono gli errori storici e soprattutto banale da fondamentalista l’uso che fa dei testi sacri , isolando un versetto da un contesto, un epoca ecc per poi fargli dre quello che vuole lui, .errore che anche il piùm odesto storico non farebbe mai.

  8. Valerio

    Perché deprimersi? Io leggendo Da Animali a dei e Homo Deus ho percepito liberazione. Attraversare così elegantemente tante materie non significa essere uno strafottente “sottuttoio”, è il sistema scolastico che ci invita a pensare che il sapere sia a compartimenti stagni. è vero che ognuno poi verticalmente approfondisce un tema ma è anche vero che più si approfondisce un tema più si perde la visione d’insieme. Ogni ragionamento si basa su ipotesi. Il mio invito è di segnare le ipotesi che non vi tornano e approfondire. Riguardo la tua recensione mi sento di dire che: 1) harari non descrive il futuro ma il modus operandi dell’uomo fino ad ora e ne proietta le potenzialità. Siamo esseri con una grande inerzia evolutiva, Abbiamo dovuto scaricare l’evoluzione al di fuori del nostro corpo per star dietro alla nostra capacità di pensiero. Poiché l’evoluzione del corpo era troppo lenta l’abbiamo scaricata nella materia (freccie, ruote, macchine, pc etc..) i risvolti pratici (governi, organizzazioni sociali etc..) di queste potenzialità sono solo fattispecie specifiche di tutti i futuri possibili e in quanto tali possono essere variegate. Chi si aspettava la guerra in Europa? e il covid? Cigni Neri da gestire! ma il “Come” l’uomo li gestisce è lentamente variabile e quindi proiettabile a parer mio. 2) Non c’è necessità di uccidere Dio. Dio non viene affrontato nel merito di “esiste / non esiste” ma nel merito di una “Storia” che ha aiutato l’uomo a organizzarsi e evolvere. Una Storia molto importante come tante altre storie (capitalismo, democrazia, monogamia etc..). Come tutte le storie, quando non sono più sentite e raccontate convincentemente semplicemente svaniscono. Poi nell’intimità della propria camera, nella propria gioia, ma soprattutto paura, ognuno può parlare con chi vuole e non penso che lo scopo di Harari fosse quello di negare questa libertà o entrare nel merito di domande che non ha senso porsi. 3) vero! ognuno ha le sue chiavi di lettura. Qui secondo me l’esercizio è di buttare tutte le chiavi perché le porte tra i compartimenti stagni le ha già aperte lui. 4) Anche io ho trovato difficile trovare qualcuno con cui parlarne ma se si vuole mettere ordine il mio invito è di sintetizzare ogni capito in ipotesi – argomentazione – conclusione magari anche insieme a un amico volenteroso oppure come esercizio per pubblicare un articolo o post. Ma se ci si sente persi per ritrovarsi l’unico modo è avere una mappa. Grazie per i 10 min di aria al cervello

    1. Ciao Valerio e grazie del tuo commento.
      Devo dire che sono proprio contento delle reazioni suscitate da questo post, dietro al quale c’è stata tanta riflessione e un vissuto non privo di turbamenti interiori, come dichiaro abbastanza esplicitamente. Forse una dimostrazione del fatto che quando si scrive (ma i webbari direbbero “si creano contenuti”) qualcosa che ha un po’ di sostanza, questo viene apprezzato. O perlomeno mi piace crederlo… Magari sono solo i tag, il titolo e le keywords ad esser azzeccate… E questo fa sì che s. Google (oramai è Santo nella mia iconografia spiritual-informatica 😁) faccia trovare facilmente il post.
      Sia come sia, la critica fondamentale che faccio ad Harari è quella di “aver cavalcato l’onda”, proiettando bel futuro scenari ipotetici come se fossero molto probabili. Ma sono d’accordo con te che è possibile prevedere il trend di come l’uomo gestisce eventi\scoperte etc.
      L’uccisione di Dio è un argomento delicato. Mi turba certamente come credente, ma anche confrontandomi con altri commenti a questo post ritengo che il ruolo che Harari da alla religione sia discutibile. Non è semplicemente una storia che può essere rimpiazzata da altre. La dimensione spirituale è nella natura dell’essere umano, e pensare che sia sufficiente riempirla, non importa con quale narrazione, credo sia molto riduttivo.
      Sono contento che il post ti abbia consentito di “dare un po’di aria al cervello”. La prendo come un invito chiaro a pubblicare e leggere contenuti di qualità.
      Un caro saluto e grazie ancora del tuo commento: da un po’di aria anche al mio cervello ☺️

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